Barah e Poieo, i verbi che fanno riflettere
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Barah e Poieo, i verbi che fanno riflettere

I verbi ebraico e greco nel primo versetto della Genesi

Il primo versetto della Genesi è una miniera di informazioni, e contiene innumerevoli esempi della complessità di una comprensione piena.

Sappiamo, ad esempio, che il termine “cieli” non viene espresso in ebraico, in Gn 1,1, né al singolare, né al plurale, ma al duale, ovvero in quel genere tipico che dichiara un sostantivo quando è normale che si presenti a coppie (come “occhi”, “braccia”, “orecchie” e altro).

Abbiamo già visto perché la Bibbia inizi con la seconda lettera dell’alfabeto ebraico, invece che con alef, la prima, che è muta e indica il silenzio di Dio, infranto definitivamente col compimento portato da Gesù.

Ma l’accezione che forse risulta più significativa è quella relativa all’utilizzo di “creare”, il primo verbo che incontriamo nelle Sacre Scritture.

Noi occidentali e nel mondo moderno, nella nostra mentalità materialista, lo utilizziamo indifferentemente per indicare un’azione di costruzione o di invenzione. Nel mondo antico erano invece più precisi e più attenti.

In ebraico esiste il verbo barah (בָּרָ֣א), che si traduce con “creare”, ma lo si usa esclusivamente quando una cosa viene creata dal nulla, senza utilizzare alcuna materia: si tratta di un verbo che può essere riferito solo a un Dio Creatore. Il redattore della Genesi avrebbe potuto scrivere litzor (לִיצוֹר), che anch’esso indica il creare, ma non lo fece, perché esprime un’azione fatta utilizzando materia.

La stessa attenzione viene usata nella traduzione greca della Genesi. In questo caso il verbo usato è poieo (ποιέω), e precisamente declinato alla terza persona singolare, nella sua forma epoíesen (εποιησεν). Poieo indica l’azione di far venire all’esistenza qualcosa che prima non esisteva.

Cadono quindi tutte le speculazioni degli gnostici che interpretarono Platone dando al Creatore il senso del Demiurgo. Quest’ultimo termine è proprio quello che avrebbe dovuto esprimere un creazione compiuta attraverso materia già esistente. Il Demiurgo è un “ordinatore” ovvero qualcuno che sistema cose già esistenti e “crea” ordine.

Si apre a questo punto un altro dibattito che è relativo al caos, o meglio alle condizioni in cui si trovava l’universo alle origini. La teologia spiega abbondantemente questo aspetto. I filosofi greci antichi intendevano con questo termine la situazione di disordine nel quale si trovava la materia prima di organizzarsi in cosmo. Ma un’organizzazione prevede che la materia esista già, mentre i verbi barah e poieo, indicano il momento del loro assurgere all’esistenza, che dunque è ancora precedente.

Lo apprendiamo chiaramente da l secondo versetto di Genesi, il quale recita: «Ma la terra era informe e deserta: le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio era sulla superficie delle acque». L’universo era dunque immerso nel caos, e lo sarebbe sempre stato senza l’intervento illuminante di Dio: «Dio allora ordinò [ordine = comando; ordine = fare ordine]: “Vi sia la luce”. E vi fu la luce». (Gn 1,3).

Questi sono solo piccoli esempi in un panorama molto più vasto di traduzioni che non rendono, e con la linguistica attuale, non posso rendere appieno l’idea che i redattori antichi volevano porgere.

Per questo e altri motivi la lettura dei testi Sacri, ma anche di tutti gli scritti o le incisioni antiche, va eseguita con molta attenzione e cognizione di causa.

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