
Proverbi 8,22-23: ecco chi è la Sapienza
La personificazione della Sapienza e la sua attinenza stretta col Figlio.
La prima lettura della solennità della SS. Trinità (anno C) è tratta dal libro dei Proverbi, che in ebraico è definito Mishlei (משלי = “proverbi” o “parabole”). Nello specifico lo scritto inizia con i versetti 8,22-23 i quali definiscono la Sapienza.
Spesso le traduzioni italiane, latine o greche preferiscono rendere il senso compiuto delle frasi secondo la comprensione del mondo occidentale, ma questa scelta penalizza il senso (più profondo) che si ricaverebbe entrando nello specifico del modo di scrivere e pensare dell’ebraismo dei secoli antecedenti l’avvento di Cristo, ovvero di quando la redazione biblica nacque.
In ambito trinitario, il contenuto di questi versetti è rivelatore della presenza della Sapienza con Dio Creatore, prima della creazione di tutte le cose. Leggere però superficialmente la traduzione italiana, in cui è scritto che la Sapienza è stata creata, può essere fuorviante:
«22 Il Signore mi ha creato all’inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, fin d’allora.
23 Dall’eternità sono stata costituita,
fin dal principio, dagli inizi della terra».
La visione cristiana tende a spiegare che il Figlio era insieme al Padre, in un ambito di eternità, prima della creazione, e che la Sapienza è identificabile col Figlio stesso. Ma se il Figlio è Dio, Egli non può essere stato oggetto di creazione.
A scioglierci ogni dubbio interviene la versione originale ebraica, nella quale leggiamo:
22
יְֽהוָ֗ה קָ֭נָנִי רֵאשִׁ֣ית דַּרְכּ֑וֹ קֶ֖דֶם מִפְעָלָ֣יו מֵאָֽז
23
מֵ֭עוֹלָם נִסַּ֥כְתִּי מֵרֹ֗אשׁ מִקַּדְמֵי־אָֽרֶץ
ovvero:
«22 Il SIGNORE mi ha costituito capo della via, prima delle sue opere fin dal principio.
23 Dall’eternità sono stato tratto fin dal principio della terra».
Ci accorgiamo dunque che usare il verbo “creare” per tradurre “costituire” è un artificio per rendere meglio l’idea dell’esistenza della Sapienza prima della creazione, ma non smentisce il fatto che Dio Padre creò l’universo guardando il Figlio negli occhi mentre lo Spirito Santo aleggiava sul creato.
L’immagine trinitaria è dunque forte e va considerata in dimensione di eternità e di potenza divina: per comprenderla appena un po’ ci vollero diversi secoli, attraverso le spiegazioni date da Tertulliano sull’approfondimento di alcuni termini che noi siamo soliti interpretare in modo limitato, fra i quali “persona” e “generazione”.
Noi siamo abituati dai nostri limiti a considerare ogni ente in grado di essere una sola persona, ma «Nulla è impossibile a Dio», il quale può generare diverse persone in un unica sostanza.
Abbiamo poi un ulteriore limite, ovvero quello di considerare solo ciò che è normale per l’uomo, ovvero il poter generare solo all’esterno della sua unica persona. Dio invece non ha questo limite, essendo Egli onnipotente.
Ecco dunque che noi Cristiani siamo autorizzati a leggere la presenza del Figlio e dello Spirito Santo, in un ambito di presenza eterna, al momento della creazione, in cui nacque anche la nostra dimensione spazio-temporale. Il Padre non è il Figlio e non è lo Spirito Santo, il Figlio non è il Padre e non è lo Spirito Santo, lo Spirito Santo non è il Padre e non è il Figlio: TUTTI e TRE SONO DIO!
