I Samaritani: i perché dell'odio reciproco con i Giudei
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I Samaritani: i perché dell’odio reciproco con i Giudei

Il Vangelo riporta alcune delle suddivisioni ideologiche che tormentavano i credenti ebrei al tempo di Gesù.

Vengono citati infatti Samaritani, Farisei, Sadducei. Non vengono nominati, ma verosimilmente è quasi impossibile negarne l’esistenza, Esseni e Enochici.

I Samaritani sono però ricorrenti e spesso protagonisti, addirittura in senso positivo, nelle vicende terrene di Gesù: è samaritana la donna a cui Gesù si manifesta per la prima volta esplicitamente come Messia, come samaritano è l’uomo buono che, a differenza del giudeo, si ferma a soccorrere un sofferente.

E allora perché questa categoria, che Gesù usa citare in modo anche positivo, fu così avversata dai Giudei? I motivi sono politici, sociali e religiosi, nonché per nulla banali.

Storicamente si è sempre ritenuto che la spaccatura principale avvenne in conseguenza alla riforma di Giosia da collocare circa al VI/VII secolo a.C., con la quale veniva stabilito che l’unico Tempio che funzionasse come centro rituale fosse quello di Gerusalemme.

In effetti questa prescrizione non è mai stata digerita dai popoli a nord della Giudea, i quali continuarono a sfidare il potere rabbinico mantenendo attivo il loro Tempio a Garizim.

Poco importa, in accezione sostanziale, se questa spaccatura sia avvenuta nel VI secolo, come sostiene la maggior parte degli studiosi, o in tempi almeno due o tre secoli più recenti. Sta di fatto che al tempo di Gesù questo antagonismo esisteva, era acuto, e lo scisma fra le due correnti era già avvenuto.

Esistono però motivazioni teologiche forti che concorrono a dividere il pensiero giudaico da quello samaritano.

È bene a questo punto puntualizzare un aspetto: si noterà che viene utilizzato il termine “giudeo” in sostituzione del più comune aggettivo “ebraico”. Per non far confusione occorre sottolineare che si considera giudeo tutto il periodo che intercorre fra l’esilio in Babilonia e la distruzione del secondo Tempio da parte delle legioni di Tito (dal VI secolo a.C. al I d.C.), in cui fu redatta la Bibbia e la trasmissione orale passò a quella scritta. Fu un periodo di grandi cambiamenti, tali da forgiare e predisporre la concezione della Legge, della Parola di Dio, l’esegesi, ma anche l’impostazione culturale su binari che si sono precisati rispetto all’ebraismo storico dei secoli precedenti.

Il giudaismo ha poi gettato i semi per le evoluzioni che si svilupparono successivamente, con la nascita del Cristianesimo e del Rabbinismo, quest’ultimo rappresentante della attuale fede ebraica nelle correnti più praticate.

Dopo questo inciso, ritorniamo al rapporto fra Samaritani e Giudei. I primi erano considerati eretici dai secondi anche perché rifiutavano lo status di profeta a chiunque che non fosse Mosè e il Messia che doveva arrivare.

Le Scritture che essi riconoscevano erano esclusivamente quelle comprese nel Pentateuco, ovvero, Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio, che ritenevano scritte personalmente da Mosè.

Sappiamo inoltre dell’esistenza di un Pentateuco Samaritano, il che ci fa ritenere che alcune interpretazioni fossero specifiche dei Samaritani.

Ne deriva che anche i Samaritani attendevano il Messia, ma che lo aspettavano come una figura di forte vocazione profetica e un’incidenza notevole come restauratore.

I Samaritani si consideravano Ebrei a tutti gli effetti, status che veniva invece loro negato dai Giudei.

Le divergenze erano dunque forti, e la cultura del tempo non contribuiva al dialogo, ma alla spaccatura anche violenta.

Una precisazione è doverosa circa le posizioni dei Sadducei. Questi, come è noto, rifiutavano l’immortalità dell’anima, e non credevano nella vita oltre la morte. Ne deriva che la loro concezione del Messia non poteva essere escatologica, ma piuttosto funzionale alle condizioni socio-politiche del popolo di Israele.

Esseni e Enochici erano invece considerati alla stregua di sette, e le loro posizioni erano ancora più rigide riguardo ad aspetti rituali e esegetici.

Ecco dunque che il panorama si giustifica come confuso e frastagliato, simbolo di un’epoca in cui appare evidente la “pienezza dei tempi”, che esigeva l’avvento del Cristo.

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