Origine delle «ceneri» e il grande dono della Confessione
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Origine delle «ceneri» e il grande dono della Confessione

Vi fu un tempo in cui «ci si poteva pentire» una sola volta!

Domani ricorrerà il mercoledì della imposizione delle ceneri. Tutti sappiamo cosa significa: si tratta di ricordare che in cenere saremo tutti ridotti nel nostro corpo provvisorio.

Ma da cosa nasce questo rito. Occorre ricordare che fino all’epoca carolingia, quindi almeno fino al secolo VIII, la penitenza di un peccatore si poteva accettare una volta sola nel corso della sua vita. Sorge quindi la domanda: e se avesse peccato ancora? Ebbene: non vi era nulla di terreno che potesse assolverlo.

Per un credente questa è una realtà molto dura: morire senza conforti di assoluzione dei peccati.

L’imposizione delle ceneri faceva parte del rito di penitenza che veniva celebrato un’unica volta, e prevedeva un lungo cammino da parte del peccatore, il quale sosteneva digiuni e penitenze, anche rigide, per un periodo di anche un anno, prima di poter essere assolto.

La confessione dei peccati avveniva in forma solenne e per un lungo periodo addirittura pubblica. L’umiliazione del penitente era dunque totale. E l’impegno a non peccare più era definitivo, proprio perché il rito non poteva essere ripetuto.

Successivamente l’imposizione delle ceneri si svolgeva ogni mercoledì, ma non comportava l’assoluzione dei peccati.

La penitenza come noi la conosciamo oggi è dovuta, come detto in epoca carolingia, ai monasteri. In quel periodo sempre più monaci, che prevalentemente fino ad allora erano semplici religiosi, ma non sacerdoti, acquisirono l’Ordine Sacro. Nei conventi e nei monasteri, dunque, si avviò la pia pratica della confessione privata e intima dei propri peccati a un sacerdote, che poteva avvenire quante volte si volesse.

Accettiamo quindi questo grande dono di Dio giunto attraverso la riflessione della Chiesa, e approfittiamo con gioia della possibilità di godere del perdono infinito di Dio.

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